Riflessione sul Natale
- Samuele Andreatta
- 25 dic 2020
- Tempo di lettura: 3 min
RIFLESSIONE SUL NATALE
Vi confesso una cosa; non vorrei essere qui a scrivere questo articolo, perché mi sento fortemente impreparato sul tema del “Natale”. Eppure, talvolta, ci si sente pronti a fare anche ciò che non si è in grado di gestire e intraprendere purché giovi, non alla propria persona, ma a coloro che se ne serviranno. Nonostante questo, condivido con voi questo breve commento, augurandovi di cuore un concreto natale.
24 dicembre. Vigilia di natale. Il tavolo della sala da pranzo sparecchiato e le voci della tv risuonanti nel silenzio di una giornata uggiosa e stagnante. Io, lì, stavo pensando a cosa poter pubblicare ma ogni idea era di una rilevanza a dir poco banale. Nella mia mente passavano i soliti argomenti; covid, coprifuoco, tristezza, zona rossa, limitazioni. Ma potevo parlare di tutto questo nel giorno di Natale? E in questo momento di solitudine e vuotezza anche le mie idee scarseggiavano. Stavo obbligando la mia stessa immaginazione a trovare un tema da discutere, stavo torturando il mio pensiero per ricavare un post che sarebbe finito nel sito. Ed è da qui, da questa situazione che parte la mia riflessione. Continuando a percuotermi nella ricerca di un argomento valido arrivai a pensare che in fondo la mia scrittura non doveva essere legata da termini o pubblicazioni, ma doveva essere spontanea e libera. Avevo invertito i soggetti, ossia la scrittura e il pensiero, con l’oggetto, ossia la pubblicazione.
Cosa centra tutta questa paranoica dinamica con il Natale? Spesso, o quasi sicuramente, invertiamo il fine con il mezzo e questo processo genera, a lungo andare, tristezza interiore. Anche quest’anno il nostro Natale rischia di essere mal compreso, vissuto nella povertà di una serie Netflix, di un pomeriggio sul divano, di una mente rivolta solamente ad auguri e regali. Il Natale è il fine, tutto il resto (pranzi, doni, feste con gli amici) sono solo il mezzo. Spesso ho sentito dire: “Non sembra nemmeno natale” oppure “che schifo di natale”. L’errore più grande che possiamo commettere è quello di vivere la giornata e le varie esperienze, non per i valori che la festa di oggi trasmette, ma solo materialmente. La gioia, il dono di sé, il servizio vicendevole non sono più la cosa a cui arrivare. A chi importa la felicità dei genitori che “stanno” a casa in famiglia? A chi importa la bellezza del fare un regalo col cuore, del cucinare, del vivere insieme una sana gioia che non deriva dal primo in tavola o dalla ps5 incartata ma dal condividere il tempo? Il natale di quest’anno non sarà bello, ma essenziale.
Il problema della atarassia, del completo affidamento a cose materiali viene incrementato dalle pubblicità. Spesso si osanna alla felicità, al sorriso ma solo per promuovere prodotti o servizi sul mercato. Si viene istigati a comprare per colmare quel vuoto di vere sensazioni e per tappare il desiderio di ridere, divertirsi in modo sano, di piangere. Che cos’è il Natale se non la sincera consapevolezza di essere soli e di potersi affidare agli amici, alla famiglia, a Dio? L’unico regalo che possiamo donarci oggi è un rapporto vero, autentico, relazioni stabili e auguri sentiti, non prettamente scritti per consuetudine.
Natale non è solo un insieme di tradizioni, di abitudini che diversificano il tempo, ma è speranza: durante il giorno di natale anche la guerra fermava le sue battaglie. Continuare a sperare, a desiderare un giorno migliore di quello di oggi, e se almeno per poco saremo realmente felici di quel che abbiamo senza guardare alle limitazioni, allora potremo dire “Che Natale!”.
In fondo,
“Felicità è desiderare quello che si ha”
Sant’Agostino
Auguri!!!! Da Sam
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